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I rifugiati possono lavorare solo dopo sei mesi dalla domanda di asilo politico

La ricevuta della richiesta di protezione internazionale costituisce per lo straniero in Italia permesso di soggiorno provvisorio. Tale permesso consente al richiedente asilo politico di espletare attività lavorativa decorsi sessanta giorni dalla presentazione della domanda di protezione. (FONTE GUIDA AL LAVORO)

 

Così si è espresso il Ministero del lavoro con il parere 26 luglio 2016, n. 14751 a seguito di quanto disposto dal D.Lgs. n. 142/2015 in materia di asilo politico.

Richiesta di asilo politico

In base al D.Lgs n. 142/2015 che ha modificato la disciplina del D.Lgs. n. 25/2008, va considerato quale richiedente protezione internazionale, lo straniero o l’apolide che ha presentato domanda di protezione per ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria, in ordine alla quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva, ovvero che ha manifestato la volontà di chiedere protezione internazionale.

Al richiedente protezione internazionale è rilasciato un permesso di soggiorno per richiesta asilo valido nel territorio nazionale per sei mesi, rinnovabile fino alla decisione della domanda o comunque per il tempo in cui è autorizzato a rimanere nel territorio nazionale. Si tratta in realtà della ricevuta che attesta la presentazione della domanda di asilo che acquista il valore di permesso di soggiorno provvisorio.

ITER DELLA DOMANDA DI ASILO

Ricordiamo che in base all’art. 26 del D.Lgs. n. 25/2008 la richiesta di asilo è soggetta alla seguente procedura:

  • è presentata all’ufficio di polizia di frontiera ovvero alla questura;
  • la questura redige il verbale delle dichiarazioni del richiedente;
  • Il verbale è redatto entro tre giorni lavorativi dalla manifestazione della volontà di chiedere la protezione ovvero entro sei giorni lavorativi nel caso in cui la volontà è manifestata all’Ufficio di polizia di frontiera;
  • la questura rilascia attestazione di avvenuta presentazione di richiesta di asilo che assume il valore di permesso di soggiorno provvisorio rinnovabile in caso di mancata definizione della richiesta e che consente per 6 mesi successivi al rilascio lo svolgimento di attività lavorativa.

Attività lavorativa

Il permesso di soggiorno provvisorio permette, come detto, di svolgere regolare attività lavorativa una volta decorso 60 giorni dalla data di presentazione della domanda di asilo, data che è contestuale alla ricevuta rilasciata dalla questura.

Tale permesso, precisa il Ministero nella nota 26 luglio 2016 in oggetto, non è convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, stante la presenza di presupposti differenti.img29308277-0

Lavoro irregolare

Nel nostro ordinamento integra l’ipotesi di lavoro nero o irregolare, l’occupazione di un lavoratore per il quale non è stata effettuata la comunicazione preventiva di assunzione (almeno 24 ore prima) al collocamento (art. 3, legge n. 73/2003).

Pertanto lo straniero richiedente asilo, in possesso di un permesso di soggiorno provvisorio, assunto senza preventiva comunicazione, va considerato in nero e passibile della relativa maxisanzione, ma non è tuttavia uno straniero occupato irregolarmente ai sensi dell’art. 22 del Testo unico immigrazione ossia senza permesso di soggiorno. Il datore di lavoro non è pertanto passibile della sanzione penale della reclusione da 6 mesi a 3 anni e della multa di 5.000 euro per ciascun lavoratore occupato irregolarmente

Viceversa se l’assunzione avviene in nero (senza comunicazione preventiva al collocamento) e in più in assenza del predetto permesso di soggiorno provvisorio, oppure prima del decorso dei 60 giorni dal rilascio di quest’ultimo, allora si possono configurare le due violazioni di occupazione in nero (con applicazione della maxisanzione) e del reato di occupazione irregolare di stranieri.

La maxisanzione in questo caso è aumentata del 20% rispetto agli importi standard (da euro 1.500 a euro 9.000 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore sino a 30 giorni di effettivo lavoro; da euro 3.000 a euro 18.000 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore da 31 e sino a 60 giorni di effettivo lavoro; da euro 6.000 a euro 36.000 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni di effettivo lavoro).

Inoltre non è soggetta a diffida (Min. lavoro circ. n. 26/2015).

IL TESTO DEL PROVVEDIMENTO

Ministero del lavoro

Parere 26 luglio 2016, n. 14751

Oggetto: quesito – lavoratori richiedenti protezione internazionale ed asilo politico.

Con riferimento al quesito in oggetto, concernente l’occupazione irregolare di cittadini extracomunitari, richiedenti protezione internazionale ed asilo politico, si formulano le seguenti precisazioni.

Com’è noto, il Legislatore ha disciplinato la materia del riconoscimento dello status di rifugiato nel D.Lgs. 28 gennaio 2008 n. 25 emanato in attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stali membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.

La normativa in questione è stata recentemente oggetto di significative modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 142/2015 attuativo delle Direttive 2013/33/UE e 2013/32/UE, sostanzialmente volte a migliorare l’accoglienza rendendo, tra l’altro, il procedimento di riconoscimento più spedito.

Il decreto legislativo n. 142/2015 qualifica come richiedente protezione internazionale, lo straniero o l’apolide che ha presentato domanda di protezione ai sensi del D.Lgs. n. 25/2008per ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria, in ordine alla quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva, ovvero che ha manifestato la volontà di chiedere protezione internazionale

L’art. 4 del citato decreto stabilisce che «al richiedente è rilasciato un permesso di soggiorno per richiesta asilo valido nel territorio nazionale per sei mesi, rinnovabile fino alla decisione della domanda o comunque per il tempo in cui è autorizzato a rimanere nel territorio nazionale ai sensi dell’articolo 19, commi 4 e 5, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150».

Il medesimo articolo, al terzo comma, dispone che «la ricevuta attestante la presentazione della richiesta di protezione internazionale, rilasciata contestualmente alla verbalizzazione della domanda (…), costituisce permesso di soggiorno provvisorio».

Ai sensi dell’art. 22, D.Lgs. n. 142/2015, il permesso di soggiorno per richiesta di asilo consente al richiedente protezione internazionale di espletare attività lavorativa decorsi sessanta giorni dalla presentazione della domanda di protezione laddove il relativo procedimentonon si sia concluso ed il ritardo non sia ascrivibile al richiedente.

La suddetta norma inoltre dispone che tale permesso di soggiorno «non può essere convertito in permesso per motivi di lavoro» atteso che risultano del tutto differenti i presupposti e i requisiti necessari per il rilascio dei due provvedimenti autorizzatori.

Ciò premesso, in risposta alle problematiche sollevate da codesta Direzione territoriale, riscontrate in sede di accertamento ispettivo, si ritiene opportuno evidenziare quanto segue.

Ai fini del corretto inquadramento giuridico della fattispecie, appare necessario, indipendentemente dalla documentazione di fatto esibita dai lavoratori stranieri o dal datore di lavoro in sede di controllo, procedere all’acquisizione della ricevuta di verbalizzazione della domanda di protezione internazionale, dal cui rilascio vanno calcolali i sessanta giorni per l’espletamento dell’attività lavorativa.

II modello di ricevuta, approntato dal Ministero dell’Interno, Dipartimento per le libertà civili, del resto, oltre a specificare che la stessa assume valore di permesso di soggiorno provvisorio, espressamente attesta che, decorso il termine di legge dal rilascio della ricevuta, il cittadino straniero “é autorizzato a svolgere attività lavorativa” (cfr. fac-simile allegato sub 1).

Pertanto, nel caso in cui venga riscontrata l’occupazione “in nero” – per mancanza della comunicazione preventiva di assunzione – dei cittadini stranieri in possesso della ricevuta di verbalizzazione della domanda, troverà applicazione la maxi sanzione ai sensi dell’art. 3, comma 3, D.L. n. 12/2002, conv. da L. n. 73/2002, come da ultimo modificato dall’art. 22, D.Lgs. n. 151/2015, ma non potrà ritenersi integrata la fattispecie penale di cui all’art. 22, comma 12, D.Lgs. n. 286/1998.

Diversamente, in tutti i casi in cui non sia stato rilasciato il permesso di soggiorno provvisorio (rectius la ricevuta della verbalizzazione della domanda) anche laddove la manifestazione di volontà sia stata espressa ma non verbalizzata (cfr. art. 26, comma 2-bis Dlgs 25/2008), ovvero non siano ancora trascorsi i sessanta giorni dal rilascio della ricevuta, appare opportuno che il personale ispettivo segua le medesime procedute previste in caso di irregolare occupazione di cittadini extracomunitari privi del permesso di soggiorno, ivi compreso l’interessamento delle forze dell’ordine per la verifica della posizione dei cittadini stranieri.

In tali casi, ferma restando la configurabilità dell’ipotesi di reato di cui all’art. 22, comma 12, del D Lgs. 286/1998 e la contestazione della fattispecie aggravata di maxi sanzione (art. 3, comma 3 quater DL 12/2002), va altresì esclusa l’operatività della diffida atteso che il lavoratore straniero non può essere considerato “occupabile”.

Allegato

QUESTURA di ……………

TIMBRO

ID RI0000983

(Nr. Fascicolo Vestanet)

 

Si attesta che il/la Sig./Sig.ra …………………………………. sesso ….., nato/a a ………………., il …………………., con codice fiscale provvisorio …………………….., di cittadinanza …………………, domiciliato in …………………….. alla via B&B ………………………………, in data ……………. ha formalizzato istanza di riconoscimento della protezione internazionale.

Si fa presente che, il/la Sig./Sig.ra ………………………….. decorsi sessanta giorni dal presente verbale, è autorizzato a svolgere attività lavorativa se il procedimento di esame della domanda non si è concluso e il ritardo non è attribuito al richiedente (art. 22, c. 1, D. Lgs 142/15).

La presente attestazione, pur non certificando l’identità del richiedente, costituisce permesso provvisorio con validità di sei mesi dalla data di rilascio (art. 4, cc. 1,2 e 3, D. Lgs 142/15).

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