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L’art. 2120 c.c., concernente la disciplina del trattamento di fine rapporto, dispone al comma 6 in merito a quali debbano essere i requisiti affinché il datore di lavoro sia tenuto ad erogare l’anticipazione del TFR al lavoratore che ne faccia apposita richiesta.

Il principale requisito attiene l’anzianità di servizio, per cui il lavoratore, ovviamente in costanza di rapporto di lavoro, deve essere in forza da almeno 8 anni alla data della richiesta.

Il requisito successivo concerne il giustificativo che deve essere fornito dal lavoratore in merito alla sua richiesta, la cui necessità deve essere dettata dal sostenimento di spese sanitarie legate a terapie ed interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche, oppure in caso di acquisto della prima casa, per sé o per i propri figli, il tutto opportunamente documentato con atto notarile.

Oltre a questi requisiti, che sono riferibili al soggetto richiedente, vanno contemplati anche i limiti di soddisfacimento delle richieste in capo al datore di lavoro: potranno essere infatti soddisfatte annualmente richieste nel limite del 10% degli aventi titolo, e comunque per il 4% del numero totale dei dipendenti.

Laddove ricorrano tutti i requisiti sovraesposti, l’azienda è tassativamente tenuta ad erogare al lavoratore l’anticipazione TFR richiesta dal lavoratore, la quale dovrà avvenire in misura non superiore al 70% sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta.

La stessa anticipazione TFR potrà tuttavia essere ottenuta una sola volta nel corso di tutto il rapporto di lavoro, e sarà a tutti gli effetti detratta dall’importo complessivo del TFR maturato fino a tale data.

Una precisazione molto importante, che spesso è opportuno sottolineare al datore di lavoro, è che la norma appena citata dispone la sola fattispecie, integrata la quale il datore di lavoro è vincolato all’erogazione dell’anticipazione del TFR.

Non a caso l’ultimo comma dell’art. 2120 precisa come i contratti collettivi e le pattuizioni individuali possano legittimamente prevedere condizioni di miglior favore a beneficio del lavoratore: nulla vieta infatti, in risposta ad una domanda frequente, che l’anticipazione TFR possa essere riconosciuta anche in assenza dei requisiti sovraesposti, per cui è possibile in re ipsa che il datore di lavoro conceda al lavoratore l’anticipazione TFR in misure e termini anche significativamente diversi rispetto ai sopracitati vincoli. Va da sé che in tal caso il datore di lavoro dovrà piuttosto valutare l’opportunità di soddisfare la richiesta del lavoratore in relazione a possibili recriminazioni da parte del restante gruppo di lavoro. Si tratta indubbiamente di riflessioni particolarmente opportune laddove le dimensioni aziendali siano significative, e le richieste di conseguenza molteplici.

Dato l’argomento trattato, un doveroso cenno merita il tentativo sperimentale previsto dal DPCM 29/2015 di introduzione del cd. TFR in busta paga, più propriamente definito all’epoca QuIR, ovvero “quota integrativa della retribuzione corrispondente alla liquidazione mensile del TFR in busta paga”: secondo il sopracitato dispositivo, l’opzione di avvalersene poteva essere esercitata, con previsione di irrevocabilità, a decorrere dal mesi di aprile 2015 (data di entrata in vigore del DPCM) fino al 30 giugno 2018. Anche in questo caso erano necessari opportuni requisiti di accesso, nonché l’esclusione di alcune categorie di lavoratori, fra i quali i dipendenti pubblici). Una particolarità inoltre consisteva nell’assoggettamento del QuIR al regime fiscale ordinario, legato all’IRPEF, rispetto alla tassazione separata che contraddistingue la normale gestione fiscale del TFR.

La misura del QuIR ha tuttavia avuto vita brevissima, poiché è naufragata definitivamente con la fine del periodo sperimentale sopra evidenziato.

                                                                                     Centro Studi Susini Group S.t.P.

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