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Il lavoro intermittente, cd. “a chiamata”, è un contratto di lavoro subordinato, a tempo determinato o indeterminato, in cui il lavoratore si pone a disposizione di un determinato datore di lavoro, il quale ne può utilizzare la prestazione lavorativa al bisogno.

La disciplina del lavoro intermittente è stata parzialmente riorganizzata nell’alveo del D.Lgs. 81/2015 (da art.13 ad art.18), attraverso l’individuazione di ipotesi di ricorso oggettive e soggettive:

  • Le prime sono i casi previsti dalla contrattazione collettiva (anche aziendale) e, in mancanza, quelli previsti da decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali (MLPS). Come precisato nell’Interpello 10/2016 del MLPS, il decreto in questione è il DM 23.10.2004, emanato dalla previgente normativa, il quale a sua volta ammette la stipulazione di contratti di lavoro intermittente con riferimento alle tipologie di attività indicate nella tabella allegata al Regio Decreto (RD) 2657/1923, che a tal proposito è da considerarsi vigente.
  • Le seconde, individuate al comma 2 del suindicato art.13 D.Lgs 81/2015, prevedono che il contratto di lavoro intermittente “…può in ogni caso essere concluso con soggetti con meno di 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno, e con più di 55 anni…”.

La normativa effettivamente non chiarisce inequivocabilmente se si debba considerare le 2 ipotesi sovraesposte come alternative, oppure se entrambe debbano concorrere per legittimare il ricorso al lavoro intermittente. L’interpretazione dottrinale prevalente, supportata anche dalla nota 18194 del MLPS del 04/10/2016, propende per l’alternatività, per cui si può ritenere che il limite anagrafico ex comma 2 art.13 operi solamente in assenza del requisito oggettivo, quindi in assenza di qualsivoglia previsione contrattuale oppure in caso di mansioni non rientranti fra quelle indicate in allegato al RD 2657/1923.

In ogni caso, con l’eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore a 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di 3 anni solari. In caso di superamento del predetto periodo il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.

Il contratto di lavoro intermittente richiede la forma scritta ad probationem, relativamente ai seguenti elementi:

a) durata e ipotesi, oggettive o soggettive, che consentono la stipulazione del contratto a norma dell’articolo 13;

b) luogo e modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore, che non può essere inferiore a un giorno lavorativo;

c) trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e relativa indennità di disponibilità, ove prevista;

d) forme e modalità, con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione di lavoro, nonché modalità di rilevazione della prestazione;

e) tempi e modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità;

f) misure di sicurezza necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.

Il datore di lavoro, oltre alla comunicazione obbligatoria di assunzione, deve provvedere alla comunicazione prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a 30 giorni (art. 15, comma 3 D.Lgs 81/2015).

Ai fini della vera e propria attivazione della prestazione da parte del lavoratore intermittente, il datore di lavoro, successivamente alla comunicazione obbligatoria di assunzione, deve procedere alla comunicazione prima dell’inizio dell’effettiva prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a 30 giorni. Attualmente tale comunicazione preventiva può essere effettuata tramite i canali previsti da Circolare MPLS 27 del 27.06.2013, fra cui SMS, posta elettronica, oppure specifiche applicazioni digitali dedicate che ne facilitano il buon esito.

In merito alla tipologia di contratto, è possibile sottoscrivere:

  1. Contratto di lavoro intermittente senza espressa pattuizione dell’obbligo di disponibilità: in questo caso, nei periodi in cui non ne viene utilizzata la prestazione, il lavoratore intermittente non matura alcun trattamento economico e normativo;
  2. Contratto di lavoro intermittente con espressa pattuizione dell’obbligo di disponibilità: in questo caso nei periodi di cui sopra al lavoratore spetta un’indennità di disponibilità nelle forme stabilite dall’art.16 D.Lgs 81/2015.

Ad ogni modo, il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può costituire motivo di licenziamento e comportare la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo al rifiuto.

Il ricorso al lavoro intermittente è vietato nei seguenti casi:

a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;

b) presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi a norma degli articoli 4 e 24 della legge 223 del 23/07/1991, che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente, ovvero presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;

c) ai datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

Per il contratto di lavoro intermittente opera infine il principio di non discriminazione, per cui il lavoratore ha diritto alla parità di trattamento rispetto al contratto di lavoro comune, con conseguente riproporzionamento della base retributiva e contributiva in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita.

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