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Il meccanismo solutorio dell’accollo, nel regime generale delle obbligazioni (articolo 1273 del Codice civile), si sostanzia in un accordo tra debitore e terzo, i quali insieme convengono che il terzo assuma il debito del debitore, impegnandosi ad estinguerlo. In ambito tributario, è ammesso l’accollo del debito d’imposta altrui senza liberazione del contribuente originario (Statuto del Contribuente, l. n. 212/2000, art. 8).
Il fenomeno ricorrente che ha spinto l’Inps a dedicare alla questione un messaggio di una certa rilevanza (n. 2764 del 18 luglio 2019), è quello di soggetti debitori per crediti contributivi che assolvono al loro obbligo mediante l’accollo da parte di terzi soggetti che dichiarano di vantare un credito d’imposta, senza che poi questo credito sia effettivamente esistente (si tratta, infatti, di imprese prive di posizione aperta presso l’Inps ovvero prive di dichiarazioni fiscali negli anni in cui sarebbero maturati i crediti d’imposta oppure cessate da lungo tempo).

Istituto Nazionale Previdenza Sociale
Messaggio 18 luglio 2019, n.2764

Divieto di estinguere i debiti contributivi tramite la compensazione di crediti di soggetti diversi dal debitore principale – istruzioni operative in caso di accollo e in altre fattispecie.

Contributi previdenziali – Debiti contributivi – Accollo – Soggetti debitori nei confronti dell’Inps – Assolvimento dell’obbligo contributivo usufruendo dell’accollo da parte di terzi soggetti – Contribuzione Inps pagata da soggetti debitori (accollati) compensando crediti d’imposta di altri soggetti (accollanti) – Divieto di estinguere i debiti contributivi tramite la compensazione di crediti di soggetti diversi dal debitore principale

Oggetto: Divieto di estinguere i debiti contributivi tramite la compensazione di crediti di soggetti diversi dal debitore principale – istruzioni operative in caso di accollo e in altre fattispecie.

L’istituto dell’accollo, regolato dall’art. 1273 c.c., prevede che il debitore (accollato) e un terzo (accollante) possano accordarsi affinché quest’ultimo assuma il debito che il primo ha nei confronti del creditore (accollatario), impegnandosi ad estinguerlo in sua vece. Se non è espressamente convenuta la liberazione del debitore accollato, questi rimane obbligato in solido col terzo accollante.

Lo Statuto del Contribuente (legge 27 luglio 2000, n. 212), nel disciplinare, all’art. 8, comma 2, l’istituto dell’accollo tributario, dispone che “È ammesso l’accollo del debito d’imposta altrui senza liberazione del contribuente originario”. Pertanto, nell’ambito dell’ordinamento tributario, la disciplina dell’accollo si caratterizza in modo specifico, con la previsione che il debitore originario non sia mai liberato fino a quando il pagamento non sia andato a buon fine.

Nello svolgimento delle azioni di contrasto al fenomeno delle compensazioni indebite è emersa una prassi elusiva che si sostanzia in un abuso dell’istituto dell’accollo tributario: sempre più frequentemente accade che soggetti debitori nei confronti dell’INPS assolvano al loro obbligo contributivo usufruendo dell’accollo da parte di terzi soggetti, che vantano o dichiarano di vantare un credito d’imposta. In sintesi, i soggetti debitori (accollati) pagano la contribuzione INPS compensando crediti d’imposta di altri soggetti (accollanti).

Non di rado le fattispecie di accollo così strutturate hanno rivelato anche un carattere fraudolento in ragione dell’inesistenza dei crediti vantati dai soggetti accollanti.

Nell’ambito degli approfondimenti compiuti sulla materia, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta con risoluzione n. 140/E del 15/11/2017, rammentando che la compensazione, “fatte salve limitate eccezioni previste specificamente da disposizioni normative ad hoc, trova applicazione solo per i debiti (e i contrapposti crediti) in essere tra i medesimi soggetti e non tra soggetti diversi”.
In considerazione di ciò, l’Agenzia ha chiarito che il debito oggetto di accollo non può essere estinto utilizzando in compensazione crediti vantati dall’accollante nei confronti dell’Erario. La risoluzione in parola prevede espressamente che, in caso di compensazione, “per l’accollato, soggetto passivo del rapporto tributario e debitore originario, comunque tenuto all’adempimento ai sensi dell’articolo 8, comma 2, della L. n. 212 del 2000, l’omesso pagamento comporterà il recupero dell’imposta non versata e degli interessi”, nonché l’applicazione delle sanzioni amministrative previste dalla normativa in vigore. Sono fatti salvi i pagamenti dei debiti accollati, effettuati tramite compensazione prima della pubblicazione della risoluzione n. 140/E, i quali sono “da considerarsi validi e non sanzionabili” a condizione che “siano stati spesi crediti esistenti ed utilizzabili”.

In relazione a questa fattispecie l’Area Vigilanza documentale, Analisi del rischio e Prevenzione delle frodi di questa Direzione centrale ha estratto le liste dei modelli F24 relativi al periodo 01/2015-04/2019, nei quali il debito contributivo nei confronti dell’INPS è risultato estinto utilizzando lo schema sopra descritto. L’elenco di tali modelli, completo degli importi compensati, sarà trasmesso con apposita PEI a ciascuna sede interessata.

Di seguito si forniscono le istruzioni circa gli adempimenti che le strutture territoriali competenti dovranno svolgere anche in attuazione del Messaggio Hermes n. 853 del 23/02/2016.

Preliminarmente, con riferimento alle operazioni F24 effettuate in data antecedente al 15/11/2017 (data di pubblicazione della citata risoluzione), si fa presente che, in osservanza di quanto stabilito dalla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate, questa Direzione centrale ha provveduto a verificare, in presenza di accollo, se lo stesso sia stato realizzato tramite compensazione di crediti esistenti e utilizzabili.
In particolare, sono stati espletati controlli sui soggetti accollanti, dai quali è risultata l’inesistenza dei crediti utilizzati in compensazione: si tratta, infatti, di imprese prive di posizione aperta presso l’INPS ovvero prive di dichiarazioni fiscali negli anni in cui sarebbero maturati i crediti d’imposta oppure cessate da lungo tempo.
Pertanto, sia per il periodo antecedente alla pubblicazione della risoluzione n. 140/E, che per quello successivo (per quanto disposto dalla suddetta risoluzione), i pagamenti effettuati con questa modalità sono da considerare inefficaci ai fini della regolarità contributiva e le Sedi dovranno operare come di seguito indicato: in primo luogo, è necessario effettuare l’immediato accertamento dell’esposizione debitoria ed aprire un’inadempienza con TS 51 di importo pari alla somma totale indebitamente compensata con crediti del terzo accollante. Nel campo Data Segnalazione deve essere indicata la data di presentazione del primo F24 che esponga pagamenti di accolli tramite compensazione; nel campo Periodo deve essere evidenziato l’intervallo temporale a cui si riferiscono i versamenti oggetto di compensazione vietata.
In secondo luogo è necessario provvedere all’annullamento dell’eventuale DURC in corso di validità utilizzando la causale di annullamento da utilizzare è “Compensazioni indebite”; nel campo motivazione si deve fare menzione della risoluzione n. 140/E del 15/11/2017 e al periodo cui si riferiscono i versamenti oggetto di compensazione non consentita (cfr. Messaggio Hermes n. 2267 del 06/06/2018).
Si coglie l’occasione per chiarire che le inadempienze TS 51 aperte con le modalità sopra descritte non possono essere oggetto di dilazione di pagamento.
Resta fermo che, in caso di annullamento del DURC, occorrerà procedere al recupero delle agevolazioni indebitamente fruite a causa del sopravvenuto accertamento dell’irregolarità contributiva, sempre che le stesse non siano già state oggetto di recupero a mezzo di apposite note di rettifica ex art. 1, comma 1175, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ovvero tramite operazioni di tutoraggio. Con riferimento al recupero delle agevolazioni, si specifica che lo stesso deve essere effettuato tramite regolarizzazione con TS 19 a partire dal mese di pagamento del primo modello F24.
Ulteriori istruzioni ed evoluzioni future
L’art. 17, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, chiarisce inequivocabilmente che possono essere utilizzati in compensazione i soli crediti “…risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate”.
Ne deriva che l’inefficacia del pagamento, qualora derivi dall’inesistenza delle dichiarazioni fiscali, potrà essere rilevata dall’INPS senza la necessità di acquisire un atto dell’Agenzia delle Entrate. A mero titolo esemplificato si citano due casi: società costituta nel 2018 che conguaglia un credito IRES del 2010 e società di capitali che paga i contributi conguagliando un credito IRPEF.
In questi, come in altri casi analoghi, l’inefficacia dei pagamenti è rilevabile dall’INPS attraverso la consultazione di Punto Fisco e non necessita di ulteriori controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate: quanto rilevato sarà sufficiente per operare in modo analogo a quello delineato in caso di accollo attuato tramite compensazione.
Analogamente potranno essere trattati quei casi in cui il credito utilizzato in compensazione derivi dal recupero delle somme erogate da parte del sostituto d’imposta ai sensi dell’art. 1 del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66 (cosiddetto Bonus Renzi – codice tributo 1655). In questo caso, infatti, la congruità del credito compensato si evidenzia attraverso un mero confronto tra l’importo del credito conguagliato nel mese di competenza e il numero di dipendenti risultante in Uniemens: si ricorda, infatti, che il credito d’imposta nel mese non può superare il prodotto tra il numero dei dipendenti e l’importo del bonus (80 Euro).
Le istruzioni fornite con il presente messaggio rappresentano una soluzione temporanea per la gestione dei fenomeni sopra descritti. Infatti, è in via di progettazione una nuova sezione della piattaforma Frozen destinata ad intercettare i modelli F24 a rischio prima che i versamenti si abbinino alle denunce Uniemens.
Al termine dell’istruttoria gli operatori, analogamente a quanto avviene per la sezione dedicata, sceglieranno se sbloccare il pagamento o “congelarlo”.
Il congelamento del modello F24 lo rende “invisibile” alle procedure di gestione e questo provocherà la generazione di uno o più DM insoluti che potranno essere gestiti normalmente ai fini del recupero del credito e della regolarità contributiva.
La nuova soluzione prospettata semplificherà significativamente il processo di gestione, evitando l’acquisizione delle inadempienze con TS 51 e il calcolo manuale delle agevolazioni da revocare. Infine, trattandosi di pagamenti inefficaci e non abbinati, sarà possibile coinvolgere nel processo di recupero dei crediti l’eventuale responsabile in solido. Inoltre l’eventuale “congelamento” produrrà gli effetti sull’intero modello F24 e, quindi, anche per le Gestioni dei Lavoratori Autonomi, la Gestione Separata e le aziende agricole.
Segnalazione all’Autorità Giudiziaria
L’utilizzo in compensazione di crediti non spettanti o inesistenti, in alcune ipotesi, può assumere rilevanza penale ai sensi dell’art. 10-quater del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, che prevede, a seconda della fattispecie, la reclusione da sei mesi a due anni (comma 1 – crediti non spettanti) o da un anno e mezzo a sei anni (comma 2 – crediti inesistenti) qualora l’importo annuo delle compensazioni sia superiore a 50.000 Euro.
Nei casi sopra descritti, in cui l’inesistenza o la non spettanza del credito viene rilevata dall’INPS senza attendere un atto specifico dell’Agenzia delle Entrate, la segnalazione di ipotesi di reato di indebita compensazione può essere effettuata dal Direttore della Sede che ha rilevato l’irregolarità. Tuttavia, al fine di dare maggior forza alla segnalazione e di non duplicare eventuali attività svolte dall’Agenzia delle Entrate, si consiglia di contattare l’Ufficio territorialmente competente dell’Agenzia prima di effettuare, auspicabilmente in maniera congiunta, la suddetta segnalazione.

 

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